Rossi chiede aiuto a Renzi. Guzzetti nicchia
Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, chiede un intervento dello Stato al Premier Matteo Renzi. Le fondazioni bancarie capitanate da Giuseppe Guzzetti non escludono di rimettere in piedi un nuovo tentativo di salvataggio
Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, chiede un intervento dello Stato al Premier Matteo Renzi. Le fondazioni bancarie capitanate da Giuseppe Guzzetti non escludono di rimettere in piedi un nuovo tentativo di salvataggio. La Borsa continua a picchiare durissimo, ma il renziano Davide Serra che pure è pronto a rilevare pacchetti di crediti deteriorati della banca per fare affari, picchia di più. Bankitalia parla di mala gestio senza fare nomi e cognomi e difende il suo operato di vigilanza, mentre l’altro controllore, la Consob di Giuseppe Vegas, è convinto che la situazione si stia “raffreddando”. E intanto il Monte dei Paschi di Siena cui resta poco più di una settimana per presentare un piano di “recupero” a Francoforte, continua a crollare inesorabilmente. Il saldo, a una settimana dal risultato degli esami comunitari, per altro ampiamente atteso, è di un tracollo del 40% (-10,46% a 0,6 euro la chiusura di venerdì 31) e così oggi la banca più antica del mondo vale in Borsa 3,1 miliardi di euro, contro i 2,9 miliardi della seduta antecedente l’avvio dell’aumento da 5 miliardi di giugno, che il mercato considera quindi quasi completamente “bruciato”. Tra chi ha giocato male d’anticipo sull’attesa dei risultati c’è anche la svizzera Ubs che il 23 ottobre scorso ha incrementato la propria quota in Mps – detenuta come prestatore prestatario – portandola dal 2,86 al 3,42 per cento.
E ha trovato sponda proprio nel ministro dell’Economia che, forse anche per compensare il colpo della tassazione retroattiva inserita nella legge di Stabilità, ha inaspettatamente smussato i toni sul cantiere della riforma delle fondazioni pronto per una trasformazione in in una più semplice riflessione. “Credo che tra i progetti da portare avanti nell’immediato futuro nel settore finanziario occorra inserire anche una riflessione sulle fondazioni bancarie”, ha dichiarato Pier Carlo Padoan. “A 15 anni dall’approvazione della legge Ciampi – ha aggiunto – è possibile valutarne gli effetti di lungo periodo e anche gli aspetti per i quali può essere opportuno integrarla. Questo non richiede necessariamente un nuovo intervento normativo“, è stata la chiara apertura. “Uno strumento utile e innovativo potrebbe prendere la forma di un atto negoziale, tra amministrazione pubblica e fondazioni, che individui in modo più specifico i criteri di comportamento che le fondazioni sono tenute a osservare. Le aree su cui mi sembra più opportuno riflettere riguardano la gestione del patrimonio e la governance. Molto è stato fatto, su questi aspetti, con la carta delle fondazioni – ha aggiunto – Questo lavoro può essere ulteriormente portato avanti aggiungendo elementi di chiarezza sulla concentrazione del patrimonio, l’indebitamento, l’uso dei derivati, la trasparenza“.
Tornando al Monte, per il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, “le potenziali carenze di capitale riguardano due banche le cui difficoltà sono in ampia misura l’eredità di due episodi passati di mala gestio“. Episodi, sostiene Visco, che “la Banca d’Italia, in stretto raccordo con l’autorità giudiziaria, ha contribuito a portare alla luce, inducendo un radicale cambio della dirigenza. Le due banche presenteranno a breve piani di rafforzamento: la Banca d’Italia ne seguirà da vicino l’attuazione nell’ambito dei gruppi di vigilanza congiunti, del consiglio di supervisione e del consiglio direttivo della Bce”.
Per l’intero sistema bancario italiano “rimane l’esigenza di far fronte, con decisione, all’elevato ammontare dei crediti deteriorati, la cui crescita sta ancora proseguendo, anche se a ritmi attenuati rispetto a quelli degli scorsi anni. La loro consistenza può essere ridotta attraverso politiche attive di gestione e recupero, certamente più agevoli in un migliore contesto macroeconomico, e con cessioni in blocco di attività deteriorate, che andranno favorite da un ulteriore innalzamento dei loro tassi di copertura”, ha suggerito il numero uno di via Nazionale.
Proprio su questo fronte è già pronto a scendere in campo il finanziere renziano Davide Serra. La sua Algebris Investments giovedì ha confermato l’ingresso nel settore dei crediti deteriorati o non performing loan (Npl): il fondo investirà in portafogli di crediti (o singoli crediti) in sofferenza di banche italiane, con un focus particolare su quelli garantiti da un sottostante immobiliare che in Italia rappresentano circa il 40% del totale degli NPL, stimati complessivamente in quasi 170 miliardi di euro.
Per sviluppare la nuova attività Algebris aprirà a breve un ufficio a Milano, guidato da Massimiliano Bertolino e Alberto Iori. Il fondo apposito, che ha già raccolto 370 milioni di euro da investitori istituzionali e family office, ha un obiettivo di raccolta totale di 400 milioni di euro che si prevede verrà raggiunto entro la fine di aprile 2015. Il fondo avrà una durata di 4 anni, con un obiettivo di guadagno annuo compreso tra il 15% e il 18 per cento. Al fianco di Algebris ci sarà Fare NPL, società specializzata nell’offerta di servizi di gestione, valutazione e acquisizione di portafogli di non performing loan e di valorizzazione e dismissione di patrimoni immobiliari che ad oggi gestisce portafogli per un valore di circa 1,3 miliardi di euro e che opererà quale special servicer per i crediti in sofferenza.
“Crediamo che l’Italia diventerà uno dei mercati europei più dinamici nel settore dei non performing loan. Stimiamo che lo stock di crediti in sofferenza nel Paese, che è già cresciuto ad un tasso di circa il 30% tra il 2008 e il 2013, arrivi a superare i 170 miliardi di euro a fine 2014 e, nel corso dei prossimi anni, ci aspettiamo che gli istituti bancari italiani cederanno circa 120 miliardi di euro di NPL, di cui circa 40 miliardi garantiti da immobili”, ha detto il giorno del lancio Serra che in un colloquio con Il Sole 24 Ore ha ipotizzato per Mps un aumento di capitale da 2 miliardi “a un prezzo ragionevole, che secondo noi dovrebbe essere al prezzo di 50 centesimi per azione”. Cioè altri 10 centesimi in meno rispetto all’attuale risicatissima quotazione dei titoli della banca. Serra, poi, non ha smentito l’interesse del suo fondo anche per i crediti deteriorati della banca senese che, quindi, ai suoi occhi, potrebbe offrire ancora margini di guadagno nonostante le dure critiche.
Del resto Serra a fare soldi se la cava bene. Secondo quanto riportato venerdì dall’Espresso, i bilanci del gruppo Algebris hanno chiuso il 2013 con profitti per quasi 7 milioni di sterline (circa 9 milioni di euro) su 11,7 milioni di giro d’affari. I dati emergono dai documenti da poco depositati da Algebris nel registro pubblico di Londra. Gran parte di questi profitti finiranno esentasse ai 9 partner della Algebris Llp cioè Serra, i suoi più stretti collaboratori e il “The Children Investment fund” del finanziere britannico Chris Hohn. Solo in un secondo tempo i singoli associati provvederanno a dichiarare le somme ricevute nella propria dichiarazione dei redditi, mentre la capofila Algebris Ltd se la cava con tasse per 106mila sterline. Questo è quanto prevede la legge britannica a proposito delle cosiddette “limited partnership”. Della galassia di Serra fanno parte anche una Algebris con base alle Cayman e un’altra a Singapore, che nel 2013 ha ricevuto 2,6 milioni di sterline a titolo di “compensi per consulenze”.