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MPS: Perché i piccoli azionisti sono arrabbiati

L'aumento di capitale di MPS sta determinando forti perdite a carico dei piccoli azionisti, che giustamente si sentono fregati. Ecco perché e cosa potrebbe accadere

MPS: Perché i piccoli azionisti sono arrabbiati

Da Investireoggi


Il crollo del titolo MPS (-20,1%) nella terza seduta dell’aumento di capitale, dopo un rialzo tecnico del 40% di lunedì e martedì, ha fatto scatto l’allarme tra i piccoli azionisti della banca, che giustamente iniziano a sentire aria di fregatura. Nessuno mette in dubbio la bontà e la necessità della ricapitalizzazione, senza la quale l’istituto farebbe crac. Tuttavia, le modalità con le quali è stato varato l’aumento di 5 miliardi vengono apertamente messe in discussione, ad esempio, da Norberto Sestigiani, vice-presidente dell’Associazione Buon Governo MPS, che raccoglie ex dipendenti e piccoli azionisti di Siena.

Per capire le ragioni dei soci minori, dobbiamo ripercorrere le procedure dell’aumento: la banca emette 214 nuove azioni per ogni 5 titoli ordinari già esistenti, al prezzo di 1 euro ciascuna. Questo significa che un azionista che non volesse diluirsi, dovrebbe sottoscrivere esattamente 214 azioni per ogni 5 già detenute. Se, poniamo, ne possedesse 1.000, egli dovrebbe acquistarne 42.800, sborsando un corrispettivo di 42.800 euro per mantenere inalterato il peso di un pacchetto azionario, che ai valori di borsa pre-aumento valeva appena 22.364 euro.

A questo punto, il piccolo azionista potrebbe decidere di accettare la sfida e aderire pro-quota all’aumento di capitale, oppure di farlo solo in parte, acquistando azioni e vendendo i diritti, o ancora di vendere tutti i diritti, cioè di non partecipare all’aumento.

Le perdite

Il problema è che la vendita delle azioni e dei diritti stessi non gli garantirebbe più la possibilità di tornare in possesso del capitale investito e che deteneva solo fino a venerdì scorso. Il motivo è semplice: le vecchie azioni quotavano venerdì 6 giugno a Piazza Affari 23,64 euro, ma sono state sdoppiate in diritti e azioni dal prezzo rettificato. I primi valevano in partenza 23,10 euro, le seconde 1,54 euro. Oggi, a distanza di soli tre giorni, i diritti valgono 18,39 euro e le azioni 1,771 euro. La loro somma fa 20,161 euro. E stando a quanto spiegano gli analisti, è probabile che il titolo continui a precipitare nelle prossime sedute, così come anche il valore dei diritti. Quindi, l’azionista attuale avrebbe già subito una perdita teorica di oltre il 16%, che si materializzerà, allorquando decidesse realmente di vendere azioni e diritti.

Inutile dire che se tutti i soci si precipitassero a vendere, nel timore che il valore del piccolo portafoglio investito subisse ulteriori perdite, queste ultime aumenterebbero automaticamente.

Il consiglio è di avere sangue freddo, perché le forti oscillazioni in borsa del titolo e dei diritti sono un fatto scontato in fase di aumento. Ma sarà dura convincersi che bisogna stare fermi, quando tutto intorno sembra crollare.