Tribunale Firenze respinge azione ADUSBEF
L'associazione impugnerà l'ordinanza di inammissibilità
Il Tribunale di Firenze, il 10 marzo 2014 ha dichiarato “inammissibile” l'azione collettiva intentata da Adusbef contro il Monte dei Paschi di Siena, con la motivazione secondo cui gli investitori che partecipano all'aumento di capitale di una società quotata, esercitando i diritti relativi in quanto già soci della stessa, non possono essere considerati consumatori ma - anche se piccoli azionisti- professionisti che partecipano all'attività di impresa, conseguentemente, non legittimati a partecipare all'azione di cui all'art. 140 del Codice del Consumo.
Con argomenti e toni manualistici che Adusbef impugnerà in Corte di Appello, il Tribunale, coadiuvato dalla dott. Elisa Pinna, magistrato ordinario in tirocinio, alla luce delle definizioni di “consumatore”, di “azioni”, di “obbligazioni” previste per legge e, alla luce delle diverse interpretazioni emerse in dottrina e giurisprudenza, ha stranamente omesso di evidenziare che persino il testo unico della finanza - TUF d.lgs 58/98 – non nega all'investitore in prodotti finanziari lo status di “consumatore” laddove espressamente prevede che le associazioni dei consumatori di rilevanza nazionale ai sensi dell'art. 137 e seg. del codice del consumo possono agire per la tutela degli interessi collettivi degli investitori, connessi alla prestazione di servizi e attività di investimento e di servizi accessori.
Peraltro, il piccolo azionista partecipe dell'attività di impresa non è in grado di incidere sui destini della banca, alla stessa stregua di un pattista di sindacato: forse il tribunale non può non sa che il piccolo azionista subisce sempre l'aumento di capitale deciso dal Consiglio di amministrazione e/o di gestione, subisce le perdite relative in termini di quotazione del titolo (e quindi di investimento) e cerca di salvarsi aderendo allo stesso ?. Nel caso di specie oltre al danno la beffa, poiché l'adesione ha comportato ulteriori gravi perdite conseguenti al crollo del titolo. Del resto se la tesi del tribunale secondo cui l’azionista di una quotata è più socio – e quindi parte integrante dell’impresa, piuttosto che investitore, la legge non avrebbe previsto l’obbligo di prospetto informativo a carico dell’emittente anche in caso di aumento di capitale.
Il tribunale, poi, - contraddicendo se stesso - rileva che scrivere informazioni false sul prospetto informativo di aumento di capitale - che é appena il caso di ricordare serve ad orientare l'investitore fornendogli tutte "le informazioni necessarie affinché possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell'emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti” (al prospetto è allegata una nota di sintesi recante i rischi e le caratteristiche essenziali dell’offerta - art. 94 TUF)- non costituirebbe illecito di natura precontrattuale, né contrattuale, e neppure ancora da c.d. "contatto sociale" ma solo extracontrattuale, in violazione del principio del leminem laedere che, come tale, escluderebbe – non si capisce perché -la riconducibilità nell'alveo dell'azione collettiva.
Non sarebbe neppure una pratica commerciale scorretta e/o sleale giacché il prospetto informativo non sarebbe una comunicazione diretta alla vendita al pubblico dei consumatori quanto piuttosto uno strumento informativo da trasmettere al pubblico solo - testualmente dalla sentenza - "volto a garantire la correttezza delle informazioni al pubblico nonché la trasparenza e la correttezza degli operatori" e come tale le sue informazioni scorrette o inesatte non costituirebbero una pratica scorretta o sleale. Trattasi di una classica ordinanza destinata all'impugnazione, verso la quale Adusbef non mancherà di interporre reclamo nei 30 gg previsti dall'art. 140 bis del Codice del consumo, confidando nella riforma della Corte di Appello di Firenze.
Elio Lannutti - presidente Adusbef