Nazionalizzare il Monte dei Paschi. È la nuova battaglia di Beppe Grillo, che sul suo blog incalza il Pd sul suo terreno, invitando ad agire in fretta e nazionalizzare la banca, che altrimenti finirebbe preda dei tedeschi.

Anche oggi il segretario del Pd, Matteo Renzi, preferisce non esprimersi sul caso Mps. Si limita a dire che "in passato su queste vicende chi aveva responsabilità nella sinistra non si è comportato in modo politicamente inappuntabile, per usare un eufemismo". Giustifica il suo silenzio dicendo che "non è di chi non ha niente da dire, ma di chi anzi ne avrebbe troppo. Ma tace, per rispetto delle istituzioni preposte a risolvere il problema".

A piombare sulla vicenda del Monte dei Paschi è Beppe Grillo, nel pieno dell'impasse dopo che l'Assemblea dei soci ha approvato l'aumento di capitale da 3 miliardi di euro, ma ha bocciato la proposta del presidente della banca Alessandro Profumo di effettuarlo a gennaio, accogliendo la richiesta della presidente della fondazione Antonella Mansi di farlo slittare a giugno. Per il leader del Movimento 5 Stelle, la vicenda ha "i contorni tipici di un classico problema italiano: si crea per incapacità manageriale e si amplifica per incapacità e voracità politica".

Secondo Grillo il rinvio della ricapitalizzazione significa "il rinvio del rimborso dei tre miliardi e rotti di euro dei Monti bond concessi dallo Stato". Inoltre "rischia di far saltare l'aumento se le condizioni di mercato, dopo le elezioni europee, saranno meno favorevoli di quelle attuali. Cosa probabile" per il "forte affollamento di aumenti di capitale" legato alla necessità per le banche europee di rientrare nei parametri della Bce. "La futura difficoltà nel raccogliere capitali privati potrebbe spostare il problema sulle spalle dello Stato italiano aprendo la prospettiva di nazionalizzazione della banca", un'ipotesi che "nel bel mezzo del processo dell'Unione Bancaria e della nuova disciplina di bail-in comporterebbe una probabile imposizione di perdite ad obbligazionisti e depositanti prima di un intervento dello Stato. Insomma, pagherebbe sempre Pantalone".

Per l'ex comico genovese, è probabile che "adesso l'unica vera alternativa alla nazionalizzazione diventi la cessione di Mps ad una banca estera. Un rischio ancora più grande". Mps potrebbe quindi diventare "un agnello sacrificale chiesto dalla Germania all'Italia per dare l'esempio ai mercati come preda a quattro soldi per una delle sue banche, o come caso "cipriota" di salvataggio con i soldi dei depositanti e degli obbligazionisti". Per questo motivo, Grillo afferma che "Mps non può più aspettare. Va nazionalizzata senza perdere ulteriore tempo per garantire allo Stato il suo prestito e alla banca impieghi e depositi. Giugno potrebbe essere troppo tardi o trasformarsi in una beffa per i depositanti chiamati a salvare la banca distrutta dai partiti".


Da Italia Oggi

Mps, una pulizia senza sconti

Con promessa solenne di riprivatizzazione entro due anni 
 di Michele Arnese www.formiche.net 
 

Sorpresa, l'intellettuale turbo liberista Oscar Giannino invoca lo Stato (all'inglese) per il Monte dei Paschi di Siena. Leggere per credere

Domanda. Oscar Giannino, perché è stata sciagurata per la banca la decisione della Fondazione Mps di non approvare l'aumento di capitale a gennaio?

Risposta.

Per quattro ragioni, secondo me. La prima è che la situazione patrimoniale della Fondazione è in conflitto d'interesse con l'interesse primario della banca a ricapitalizzarsi al più presto: il parere proveritate di Piergaetano Marchetti al cda di Mps fotografa tale conflitto, e la cosa incredibile è che sia stato «oscurato».

D. Ma la Fondazione Mps è pur sempre il primo socio della banca.

R. E' ovvio che, nei confronti dei depositanti, obbligazionisti, dipendenti e clienti della banca, l'interesse a ricapitalizzare Mps subito abbia priorità, rispetto a quello di tutelare gli azionisti della Fondazione, Comune di Siena, Provincia e Regione Toscana.

D. Va bene, torniamo alle ragioni per cui il voto dell'assemblea è stato sciagurato.

R. La seconda ragione è che modalità e tempi dell'aumento di capitale sono stati concordati con l'Ue dal management della banca affiancato da Tesoro e Bankitalia.

D. La terza è che, malgrado questo i regolatori, sono rimasti muti, perché l'intero sistema delle fondazioni bancarie si è adoperato dietro le quinte in favore della fondazione senese.

R. La quarta è che la crisi Mps nasce dalla singolarità di una governance che per vent'anni ha sfidato la legge istitutiva delle fondazioni, legge che presciveva la perdita di controllo delle banche conferitarie, mentre il Pd a Siena è voluto rimanere oltre il 50%, iperindebitando la Fondazione oltre ogni soglia di prudenza. E' la politica, e in questo caso il Pd, a non voler essere sanzionata perdendo il controllo.

D. Giannino, ma cambia davvero molto se l'aumento si fa a gennaio o a maggio?

R. Di fatto, l'aumento di capitale concordato con Bruxelles e la restituzione del più dei Monti bond deve avvenire entro il 2014, per questo in apparenza la Fondazione sembra sostenere una posizione ragionevole. Ma i manager della banca, Profumo e Viola, dopo aver dovuto accrescere l'ammontare dell'aumento di capitale da 2,5 a 3 miliardi e indurire un già durissimo piano industriale a cui molti sul mercato non credono, aveva contrattato con le banche del consorzio di garanzia un aumento subito: proprio per rassicurare il mercato sulle intenzioni di non deviare dall'impegno assunto.

D. E che cosa cambia con il no della Fondazione presieduta da Antonella Mansi?

R. Con il no della Fondazione, si pregiudica questa operazione-fiducia. Il consorzio di garanzia andrà ricostituito. Ma c'è un punto di fondo, oltre la fiducia. A questo punto tutti gli investitori istituzionali aspetteranno di capire quale quota la fondazione riuscirà a detenere ancora in Mps, con il sostegno del sistema-Guzzetti che punta a far assumere altre quote ad altre fondazioni. In altre parole, il mercato sospetta che non si voglia alcuna contendibilità di Mps. Mentre Profumo e Viola avevano pianamente accettato l'ipotesi di fare del Monte una public company «vera», non all'italiana. Le pare poco, come differenza?

D. No, ma vedremo che cosa succederà veramente. Passiamo ad altro. Qualcuno, fra giornalisti e commentatori, ha sostenuto che il dissidio sia più tra personalità inconciliabili come Profumo e Mansi che su questioni di merito e di sostanza. Che ne pensa?

R. No, non credo sia questione di caretteri personali. Antonella Mansi, vicepresidente di Confindustria, sa leggere i bilanci. Quando ha assunto la presidenza della fondazione, dunque, sapeva del conflitto d'interesse oggettivo, tra tempi e debiti della fondazione, e tempi e ripatrimonializzazione della banca. Credo alla sua buona fede, non a quella della politica senese che nella Mansi e nel suo no vede l'insperata possibilità di non scendere di sella da una banca che ha messo alle corde, e da una fondazione gestita sfidando la legge di gravità del conto economico e patrimoniale.

D. Ma dov'è finita la moral suasion delle istituzioni? Che cosa hanno fatto Tesoro e Bankitalia per evitare questo esito in Mps? Abbiamo notato un concerto molto stonato fra Tesoro e Bankitalia...

R. Io sono solo un modestissimo osservatore, da molti anni, delle vicende economico-finanziarie. Ho scritto e ribadisco di esser rimasto senza parole per il silenzio dei due regolatori: il Tesoro sulle fondazioni e Bankitalia sul credito. Evidentemente la presa del Pd da una parte, e dell'Acri di Guzzetti dall'altra, è ancora una volta assai più forte di quel che immaginino i sostenitori di una «svolta» italiana in corso. Mi piacerebbe sapere che cosa davvero ne pensa Renzi, al di là del sindaco Valentini che per altro aggiunge sempre che lui Renzi su Mps non l'ha mai consultato...

D. Perché il concerto sistemico dell'Acri non è andato in porto con l'intervento di altre fondazioni a sostengo della Fondazione Mps per rilevare o scambiare quote di Mps?

R. Perché nemmeno per le fondazioni maggiori, come la Cariplo, è stato facile in una settimana assecondare la richiesta di valutare a premio, almeno a 20 centesimi se non più, le quote della fondazione senese, e insieme concordare uno schema congiunto che mira a far restare la Fondazione senese almeno al 10-12% del capitale MPS, a far restare in mano di fondazioni amiche il più del 20% che la fondazione senese dovrebbe cedere. Bisogna convincere le banche con le quali la fondazione senese è esposta e che possono escutere i pegni se il titolo va sotto i 12 centesimi...

D. Il fatto che Confindustria Siena abbia invocato lintervento della Cdp, non è la dimostrazione che il liberismo, a volte, è più evocato che praticato?

R. A Siena l'idea è che per i 500 anni precedenti di storia non si debbano pagare gli errori gravissimi degli ultimi anni. E' un'idea «trasversale». Con tutto il rispetto, sbagliata. Il Monte non ha solo strapagato Antonveneta, ha truccato i bilanci, aggirato i regolatori ed ha contato su una Fondazione che in questo non esitava a iperindebitarsi anch'essa, pur di non ammettere gli errori gravissimi. Negli anni delle privatizzazioni, si è usata tutt'altra durezza verso la malagestio di banche che avevano fior di storia, a Napoli come a Palermo.

D. Si spieghi meglio. Che vuole dire?

R. Se la differenza è che allora si punivano errori dei banchieri democristuiani perché la Prima Repubblica finiva, mentre oggi il metro è diverso perché è coinvolto il Pd, lei capisce che al mercato non gliene può fregare meno. Capisce solo che da noi vale la discrezionalità del crony capitalism, altroché l'Italia che dice di volere più Unione Bancaria dei tedeschi...

D. Perché, da liberale e liberista, ora ritiene inevitabile, per non dire auspicabile, la nazionalizzazione di Mps.

R. Io la ritenevo preferibile un anno fa, l'ho scritto e l'ho detto. Nasceva dalla diffidenza verso gli attori senesi e la presa che hanno sulla politica, quella mia opinione. Visto che da noi le banche non vengono mai lasciate fallire, accollando l'onere agli azionisti colpevoli e preservando i depositanti come secondo me prescrive la fisiologia, allora meglio un intervento esplicito pubblico, praticato però facendo pulizia rapida degli attivi bancari e dei suoi soci, con promessa solenne contestuale di riprivatizzare la banca entro due anni: come avviene nel Regno Unito.

D. Invece il concerto sistemico ha escogitato i Monti bond.

R. Sì, si è preferita la via dei Monti bonds, ma appariva allora assai arduo impiccare una redditività tanto compromessa della banca a ripagare così profumatamente il prestito di Stato. Ora dicono tutti di essere contrari alla nazionalizzazione. Ma hanno tagliato la testa a Profumo e Viola, che avevano disegnato una via di mercato e rigore.

D. Insomma, ora pure lei dice: avanti con lo Stato.

R. Io continuo a pensare che di fronte alle conferme di chi non vuol pagar pegno sarebbe meglio un intervento pubblico di pulizia con riprivatizzazione in tempi rapidi, all'opaca soluzione-di-sistema in cui sperano il Pd senese e le fondazioni bancarie. Ma non mi illudo. Il vischio prevarrà sulla chiarezza. E le conseguenze saranno per l'intero sistema-Italia.