La terza via del Monte si chiama aggregazione
Il ricorso al mercato (azionisti in primis) e lo spettro della nazionalizzazione («Un evento traumatico per i nostri soci», come lo ha definito di recente l'amministratore delegato della banca, Fabrizio Viola), non sono le uniche soluzioni al p...
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Sole 24 Ore - che ringraziamo - esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di questo sito, che rimane autonoma ed indipendente.
La banca, la Fondazione e il sogno di un partner LA WAY OUT Oltre allo Stato e al ricorso (al buio) al mercato c'è la strada dell'integrazione in un gruppo più ampio
di Cesare Peruzzi
La "terza via" del Monte si chiama aggregazione. Il ricorso al mercato (azionisti in primis) e lo spettro della nazionalizzazione («Un evento traumatico per i nostri soci», come lo ha definito di recente l'amministratore delegato della banca, Fabrizio Viola), non sono le uniche soluzioni al problema del gruppo presieduto da Alessandro Profumo: quello cioè di dover rimborsare allo Stato italiano il finanziamento di 4,07 miliardi, con il carico d'interessi maturato (360 milioni a fine 2013).
Tra le ipotesi aperte, c'è la possibile integrazione in altri gruppi bancari: una sorta di "terza via", appunto, che rispetto alle altre soluzioni avrebbe il vantaggio di chiudere la partita del rafforzamento patrimoniale realizzando nello stesso tempo una crescita dimensionale importante. In questa prospettiva, il principale azionista del Monte, la Fondazione Mps, avrebbe modo di ritagliarsi un ruolo all'interno della nuova alleanza, nonostante il conseguente (e peraltro ineluttabile) ridimensionamento del proprio peso specifico.
L'obiettivo prioritario (statutariamente), per l'Ente presieduto da Antonella Mansi, una volta messi in sicurezza i conti, è salvaguardare ciò che resterà del patrimonio (non molto) e contribuire per quanto possibile a mantenere il radicamento della banca sul territorio. Se il controllo del gruppo non sarà più a Siena, pazienza. La cosa importante, per le istituzioni di riferimento della Fondazione, è non perdere la presenza del Monte.
Il punto vero è un altro: in questo momento, chi può guardare con interesse a un'aggregazione con Rocca Salimbeni? A più riprese sono circolati i nomi di Intesa Sanpaolo e Bnp Paribas-Bnl. Ipotesi, però, sempre ufficialmente smentite. Il rischio, per Rocca Salimbeni, è che tutti stiano a guardare aspettando di prendersi il Monte alle migliori condizioni, puntando sul fallimento del piano di ristrutturazione. O anche sulla sua riuscita, almeno parziale, in assenza però di un riassetto definitivo della governance.
La scommessa di Profumo e Viola, invece, consiste proprio nel raggiungere gli obiettivi concordati con Bruxelles, risultato che renderebbe automaticamente più appetibile la banca, come ha dimostrato l'andamento del titolo ieri dopo l'annuncio del via libera al piano di ristrutturazione (+6,2%). Ecco perchè i vertici di Rocca Salimbeni e quelli della Fondazione stanno giocando la stessa partita: sul fronte del rilancio operativo del gruppo e dei nuovi equilibri azionari.
In ultima analisi, il Monte ha tutte e tre le strade aperte: risollevarsi con le proprie forze (e con quelle degli azionisti), finire nelle braccia dello Stato, oppure trovare un'alleanza solida per il futuro. Lo scenario si chiarirà solo nel corso del prossimo anno, quando arriveranno le scadenze previste dal piano di ristrutturazione e dagli accordi con Bruxelles.
Varare un aumento di capitale da 2,5 miliardi non è una passeggiata e servirà un consorzio di garanzia (oltre a condizioni di mercato favorevoli). Anche far fronte agli interessi del finanziamento pubblico (360 milioni su 4 miliardi di Monti bond al 9%), la cui prima scadenza sarà il prossimo luglio, non è cosa da poco. Fondazione e Montepaschi, ancora una volta, hanno lo stesso interesse: chiudere la partita il prima possibile. Il tempo, in questo caso, non gioca a favore della banca più antica del mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA