Botin: BAV, decisi io il prezzo e Mussari obbedì
Il Presidente di Santander ai PM di Siena: “Non ci fu nessuna trattativa, solo una telefonata. Prendere o lasciare: hai 48 ore per decidere”. E arrivò l’OK
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di Davide Vecchi inviato a Siena
Telefonai a Mussari per dirgli che il prezzo da pagare era di 9 miliardi di euro e che avrebbe dovuto pagare entro 48 ore altrimenti avrebbe perso la possibilità di comprare”. Emilio Botin il 3 luglio finalmente risponde ai Magistrati di Siena titolari dell'inchiesta su MPS. Antonino Nastasi, insieme al generale della Guardia di Finanza a capo del nucleo valutario, Giuseppe Bottillo, vola a Madrid e interroga, dopo mesi di convocazioni e comunicazioni veicolate dalle ambasciate italiane e spagnole, il numero uno di Banco Santander, Emilio Botin, che nel 2008 aveva venduto Antonveneta a Rocca Salimbeni per 9,3 miliardi di € a cui si aggiunsero 8 miliardi di debiti da estinguere in tempi rapidi, senza due diligence né advisor.
BOTIN ha risposto alle domande degli inquirenti per oltre due ore, ricostruendo l'intera operazione, il coinvolgimento di Ettore Gotti Tedeschi, numero uno di Santander Italia, e i contatti avuti esclusivamente con Mussari, uno dei quali nella sua abitazione a Siena. Il primo, ricostruisce Botin, “in cui parlammo della fusione ma visto che entrambi avremo voluto detenere la maggioranza l'ipotesi venne presto accantonata”.
Poi si sentirono esclusivamente per telefono. I due hanno avuto modo di conoscersi solo in occasione della vendita. E Botin ai magistrati si dice certo che Mussari “non abbia ottenuto nessun beneficio personale con questa operazione. Sono convinto che lui abbia difeso gli interessi di Monte dei Paschi nelle stesso modo in cui io ho fatto gli interessi della Banca Santader”. Infine che Mussari “in nessun momento mi ha chiesto di ottenere alcun beneficio personale”.
Ma allora per quale motivo l'ha acquistata? Chiedono gli inquirenti. “Ricordo perfettamente di aver parlato personalmente al telefono con Mussari ma in nessun momento mi spiegò quale era il suo interesse nell'acquisizione”.
Anche in altre conversazioni, dichiara Botin, “ricordo che mi disse di dover aspettare l'approvazione della Fondazione, che mi spiegò era socio maggioritario di BMPS, ma gli dissi molto chiaramente che doveva prendere una decisione immediata. Parlammo dell'operazione ma mai mi disse il motivo del suo interessamento”.
Gli inquirenti poi chiedono di spiegare il motivo per cui non si è proceduto con la due diligence preventiva e senza prevedere le clausole di salvaguardia nell'accordo: “Erano condicio sine qua non per la conclusione dell'affare Antonveneta”. Risponde Botin: “Il motivo fu la posizione di superiorità che aveva Santander in queste negoziazioni. Includemmo quelle clausole perché sapevamo di poterle esigere e non volevamo che intervenisse una revisione a rovinare l'accordo. Per noi l'interesse era chiudere in maniera immediata”.
MA QUANDO gli inquirenti gli chiedono se anche l'accettazione dell'obbligazione di pagare interessi sopra l'importo pattuito, a partire dalla data dell'accordo fino al closing, era un'altra condizione sine qua non per la conclusione dell'affare Botin dice di “non ricordare bene”.
Mano a mano che i Magistrati entrano nei dettagli dell'operazioni la memoria di Botin svanisce.
Come in merito al pagamento degli 8 miliardi di debito di Antonveneta con Abn Amro che MPS si accollò portando cosi l'operazione dai 9 agli oltre 17 miliardi di euro. Rocca Salimbeni era stata informata che al closing avrebbe dovuto pagare non solo l'importo pattuito ma anche sostituire Abn Amro nella linea di finanziamento concessa con un nuovo immediato rimborso? Chiede Nastasi. “Suppongo che ne fosse a conoscenza”, dice Botin. “So con sicurezza che Banca Santander concesse a BMPS una linea di finanziamento temporanea per farsi carico del debito. Ma di questo non trattai in nessuna conversazione avuta con Mussari”