8 ex manager a processo. Anche insider trading
L’inchiesta sul Monte Paschi di Siena si è conclusa. Ecco come gli ex vertici ingannarono i Soci
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SIENA - L’inchiesta sul Monte Paschi di Siena si è conclusa. Tra poche ore i pm senesi, Antonino Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo Natalini, notificheranno gli avvisi di conclusione delle indagini. Nel pomeriggio di mercoledì, a Borsa chiusa, annunceranno ufficialmente la fine del loro lavoro, iniziato in segreto nell’ottobre 2011 e venuto alla luce nel maggio 2012. Oltre alle ipotesi di reato di ostacolo alla vigilanza, falso prospetto e manipolazione di mercato, ci sarebbe anche la speculazione sull’acquisto disastroso di Antonveneta. E’ possibile che mercoledì possano essere contestate altre accuse, si parla di insider traiding, ma non è chiaro né a chi né per quali episodi.
Otto le persone che sono state iscritte nel registro degli indagati e per le quali verrà chiesto il rinvio a giudizio: l’ex presidente Giuseppe Mussari (concorso per falso in prospetto e concorso in manipolazione del mercato), l’ex dg Antonio Vigni (concorso in falso prospetto e ostacolo all’ autorità di vigilanza), Daniele Pirondini (concorso in falso in prospetto e in manipolazione di Mercato), Raffaele Giovanni Rizzi (concorso in flaso in prospetto), Marco Morelli (concorso in ostacolo alla vigilanza), Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti (gli ultimi tre ex componenti del collegio sindacale, tutti indagati in concorso per ostacolo all’autorità di vigilanza).
Gli uomini del nucleo valutario della gdf, che hanno collaborato all’inchiesta, guidati dal generale Giuseppe Bottillo, hanno prodotto 40 faldoni e oltre 20.000 pagine.
In base alla legge 231 sulla responsabilità delle imprese, risultava indagata anche la stessa Banca Mps. Tra gli indagati il nome che fece più scalpore fu quello di Mussari, per 11 anni l’uomo più potente di Siena, quello alla cui porta bussavano tutti: prima 5 anni alla presidenza della Fondazione Mps, quando l’ente aveva davvero la maggioranza assoluta del Monte, poi sei anni alla guida di quello che sotto la sua presidenza è diventato il terzo gruppo bancario italiano e infine presidente dell’Abi.
Nato a Catanzaro, il 20 luglio 1962, Mussari arrivò a Siena dalla Calabria per studiare giurisprudenza avvicinandosi alla politica con il Pci e il Pds, poi i Ds e infine il Pd. Nel 1993 diventò presidente della Camera penale senese. Il salto nella finanza lo fece nel 2001, quando fu nominato presidente della Fondazione, bruciando sul filo di lana l’ex sindaco e compagno di partito Pierluigi Piccini. Da quel momento la sua porta, sempre aperta, diventò meta di politici locali ma soprattutto nazionali, imprenditori e semplici cittadini.
Rapporti anche trasversali: non solo con la sinistra, da sempre punto di riferimento di Mps, ma pure con personaggi come l’ex ministro Giulio Tremonti. Negli anni del suo potere Siena conquistò un ruolo di primo piano nel mondo della finanza. Le sue scelte, come quando disse no all’alleanza con la Bnl e poi a quella con Unipol, facevano anche discutere, ma nessuno poteva immaginare che pochi anni dopo, quando ormai l’inchiesta aveva travolto la città, contro di lui, al palazzo di giustizia per essere sentito dai pm, qualcuno potesse arrivare al lancio di monetine di craxiana memoria.
Da gennaio scorso, quando venne costretto a dimettersi anche dalla presidenza dell’Abi, Mussari è chiuso nella sua abitazione sulle colline di Siena. In pochi anni da ”potente”, Mussari è diventato il colpevole di tutto. E’ stato rinviato a giudizio, insieme ad altre 8 persone, nel processo per l’ampliamento di Ampugnano (l’udienza è fissata per il 24 ottobre) e, prima ancora, dovrà comparire davanti ai giudici, insieme a Vigni (altro importante protagonista delle inchieste senesi) e all’ex capo area finanza di Mps Gianluca Baldassarri.
Per loro i magistrati hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato (il 26 settembre prossimo) per ostacolo alle Autorità di vigilanza: sono accusati di aver nascosto il mandate agreement stipulato con i giapponesi di Nomura che avrebbe casuato centinaia di milioni di perdite al Monte.
Intanto sul fronte finanziario, dopo la lettera del vice presidente della commissione Ue Joaquin Almunia che ha chiesto miglioramenti al Piano di ristrutturazione, da Bruxelles trapela che una decisione verrà presa dalla Commissione solo dopo la pausa estiva. A Rocca Salimbeni hanno quindi qualche giorno in più per trovare la ”ricetta” giusta che gli consenta di ottenere il via libera ai Monti bond.