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Rassegna Stampa

La svolta di MPS, contendibile dopo 541 anni. Via il tetto del 4% per i soci privati: chi sarà il nuovo partner?

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Il contenuto di questi articoli, pubblicati da diversi quotidiani di oggi - che ringraziamo - esprimono il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di questo sito, che rimane autonoma ed indipendente.


Mps, via il tetto del 4% per i soci privati: chi sarà il nuovo partner?

Siena, 19 luglio 2013 - «Dobbiamo capire chi è veramente interessato a diventare azionista. Sicuramente dovrà essere qualcuno interessato ad un progetto a lungo termine e, auspicabilmente, non un operatore del settore. Perché in quest’ultimo caso non saremmo in presenza di un partner, ma di un compratore». Alessandro Profumo e Fabrizio Viola lo dicono chiaramente. E, soprattutto, all’unisono. Adesso che il tetto è ‘saltato’ tutti si chiedono se c’è già qualcuno pronto ad entrarenell’azionariato di Mps. «Magari — osservano il presidente e l’ad di Rocca Salimbeni —. L’Italia in questo momento non è il Paese più attrattivo in cui investire».

Nessun nome, dunque. Al momento. Per ora Viola e Profumo si limitano ad un identikit. Nello stesso tempo aprono ad una collaborazione con la Fondazione nella scelta dei nuovi soci. Come? «Quando arriverà il momento lo capirete», risponde deciso Profumo.

La trattiva con l’Unione Europea è complessa («Sui tempi di chiusura non siamo in grado in questo momento di dare risposte» osserva Viola), ma entrambi sono fiduciosi e, soprattutto, sicuri che adesso che il tetto non c’è più la situazione sia «conveniente per la conservazione del patrimonio della Fondazione e dunque della città». Lo ripetono più volte, sia nel corso dell’assemblea sia nell’incontro con i giornalisti a conclusione dei lavori. «Faremo il massimo per mantenere l’indipendenza della banca. Potete crederci o no — ribattono —, ma questo è il nostro obiettivo: fare gli interessi di tutti gli azionisti, quindi anche della Fondazione».

Nessun colpo di scena, dunque, nell’assemblea dei soci della banca che, ieri mattina, ha varato le modifiche statutarie proposte (e fortemente volute e caldeggiate) dal nuovo management con una larghissima maggioranza. Una votazione blindata, ‘bulgara’ direbbe qualcuno. Alla fine i numeri dicono che azionisti aventi il 98,88% delle azioni presenti e ammesse al voto (pari al 53,66% del capitale sociale) si pronunciano favorevoli alle modifiche.

Dunque, via il tetto del 4% al voto di soci privati diversi dalla Fondazione Mps. Una modifica che il Ministero dell’Economia e della Finanza ha messo nero su bianco in una lettera inviata, a giugno, ai vertici di Rocca Salimbeni e che Viola legge in assemblea rispondendo a quanti, ancora ieri mattina, chiedevano il rinvio della votazione e il perché di tanta urgenza. «Per mantenere la Banca a Siena — incalza ancora Profumo — dobbiamo restare indipendenti e per restarlo dobbiamo avere base di capitale, oggi carente dei 4 miliardi che dobbiamo restituire». Ma senza l’eliminazione del tetto del 4 per cento aggiunge «l’aumento di capitale non sarebbe possibile e la banca sarebbe nazionalizzata e di conseguenza venduta a terzi, per intero o a pezzi».

Insomma il lavoro da fare è ancora lungo. E richiede il massimo sforzo. Pensate che ci possa essere una revisione al rialzo rispetto all’aumento di capitale da un miliardo già programmato e deliberato dall’assemblea dei soci?

«L’iter davanti alla Commissione europea è molto delicato. Per l’Italia è il primo caso e speriamo l’unico di banca sottoposta alla procedura di Bruxelles. Può sembrare anomalo, ma se guardiamo ad altri 60 casi europei non è un caso anomalo». Quindi avanti tutta con l’implementazione del piano industriale sulla base anche delle osservazioni della Comunità europea. Vi costituirete parte civile al processo immediato che si aprirà a settembre nei confrnti degli ex vertici? «Non abbiamo ancor adeciso — rispondono Profumo e Viola —. Cercheremo di massimizzare l’interesse della banca perché diverse strategie danno risultati diversi. Abbiamo tempo e lo impiegheremo per scegliere la strada che porterà più vantaggi per la banca».


 

CORRIERE DELLA SERA venerdì 19 luglio 2013

La svolta di Mps, contendibile dopo 541 anni

Abolito il tetto del 4%. Profumo: banca autonoma solo se ripagherà i Monti-bond

SIENA — «Scomparire». Per il presidente Alessandro Profumo è il destino del Montepaschi se non si aumenterà il capitale e non si tornerà a produrre utili per ripagare i 4,07 miliardi di Monti bond. Dunque niente dividendi, ha avvisato l’amministratore delegato Fabrizio Viola, sicuramente non dall’anno prossimo: «Mi sento di escluderlo a prescindere dall’utile. C’è un tema di ricapitalizzazione anche con l’autofinanziamento».

Ieri comunque un punto fermo è stato raggiunto: l’assemblea ha approvato l’eliminazione del tetto azionario al 4% per i soci diversi dalla Fondazione Mps, secondo le richieste di Commissione europea, Banca d’Italia e Tesoro, per fare in modo che i Monti bond non vengano considerati aiuti di Stato. Una “rimozione indifferibile e non evitabile”, secondo il presidente della Fondazione Mps, Gabriello Mancini (alla sua ultima assemblea alla guida dell’ente di Palazzo Sansedoni) nonostante uno striscione di alcuni oppositori appeso fuori dal palazzo gridasse al «golpe sotto l’ombrellone».

Era anche un tetto che Viola e Profumo intendevano eliminare per rendere la banca più interessante per un potenziale investitore, per un nuovo socio «speriamo non del settore, perché questo significherebbe che vuole comprarci, cosa che vorremmo evitare». Ma che comunque oggi «non si vede all’orizzonte». L’assemblea ha anche revocato il consigliere Michele Briamonte, indagato per insider trading nella presunta fuga di notizie relative alle cause civili contro Nomura e Deutsche Bank.

Il cambio di statuto era un punto chiave, almeno simbolicamente: è caduto l’ultimo baluardo a difesa di Rocca Salimbeni. Una svolta dopo 541 anni. Non sarà di ostacolo la Fondazione, il cui attuale 33,5% in Mps è destinato a scendere attorno al 10% tra vendita delle proprie azioni per ripagare i debiti e aumento di capitale per i Monti bond. Dai tempi d’oro in cui l’ente era al secondo posto nelle classifiche dell’Acri con 6 miliardi di patrimonio, è scivolato via via fino al 18esimo, secondo i dati comunicati ieri, con appena 626 milioni (e debiti per 350 milioni).

Anche la prossima deputazione sarà meno senese: Comune e Provincia nomineranno solo 6 dei 14 consiglieri (oggi sono 13 su 16) e il sindaco Bruno Valentini ha fatto sapere che per il nuovo presidente pensa a una figura di peso nazionale. In pochi anni Fondazione ha sacrificato l’intero patrimonio sull’altare del «del 51% a tutti i costi», secondo l’indicazione della politica locale, che pure dalla cinghia di trasmissione banca-fondazione aveva avuto sostegni colossali: circa 2 miliardi totali di erogazioni sul territorio.

Ora la partita si gioca con il commissario alla Concorrenza, Joaquim Almunia. «Abbiamo presentato la documentazione il 17 giugno, siamo in attesa, non posso dire nulla», ha spiegato Viola. «L’auspicio è che non siano tempi lunghi. Da circa un anno non emettiamo obbligazioni senior perché prima gli investitori vogliono vedere come si chiude il processo con la Ue». Ma ha anche escluso che il Monte sia una «anomalia» per Bruxelles: «Ci sono circa 60 casi di banche europee con salvataggi di Stato, ci sono state situazioni chiuse abbastanza rapidamente e altre piuttosto lunghe».

Un passaggio a favore della banca potrebbe arrivare dalle esternalizzazioni di circa 1.100 dipendenti: già ad agosto potrebbe arrivare qualche comunicazioni. Anche sull’aumento di capitale per 1 miliardo con esclusione del diritto d’opzione Viola e Profumo non si sono sbilanciati né su un eventuale innalzamento a 2 miliardi né sull’introduzione del diritto di opzione, di cui pure si è parlato sul mercato. Profumo in assemblea ha voluto essere chiaro: «La volontà di tenere la banca a Siena è di questo consiglio ma per farlo dobbiamo essere indipendenti e dunque avere una base patrimoniale, perché se non potremo restituire i Monti bond la banca verrebbe nazionalizzata e poi venduta a pezzi o per intero a un altro gruppo. E scomparirebbe dalla città». Per evitarlo, banca e Fondazione devono ancora «lavorare molto bene assieme», la prima per trovare sottoscrittori dell’aumento, la seconda per trovare acquirenti per i titoli da vendere: «Nel rispetto delle norme e dei ruoli le due cose vanno fatte dunque con coordinamento».

DAL NOSTRO INVIATO Fabrizio Massaro


L’esame di Bruxelles e il vincolo degli stress test

Tace ancora, Bruxelles. E Siena trattiene ancora il fiato. «Spero che non siano tempi lunghi», ha detto ieri Fabrizio Viola, amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena. Gli avevano chiesto quanto ci vorrà ancora prima che la Commissione Europea esprima il suo parere sul piano di ristrutturazione di Mps, ormai in sospeso da molti mesi, e sul via libera ai Monti-bond.

Ma uno degli interlocutori di Viola e del ministro Saccomanni, il commissario Ue alla Concorrenza Joaquin Almunia (foto), una mezza risposta desolante l’aveva appena data: «Il dialogo prosegue, ma ancora non siamo vicini». Nebbia fitta, dunque. E però, se ci si ferma al guaio di Siena, si rischia di ritrovarsi miopi. Dice infatti Viola, e non ha torto sul piano di numeri, che «se guardiamo in Europa la nostra non è una situazione anomala, ci sono almeno una sessantina di casi».

A questi, e ad altri ancora in ombra, si rivolge l’ultimo e più secco monito di Almunia: per le banche che non supereranno la seconda tornata di «stress test» tenuti dall’Eba, l’European Banking Authority, «non sarà più possibile ricorrere al denaro pubblico: quelle vicine alla bancarotta dovranno essere smantellate, secondo le nuove regole». Potrebbe chiamarsi «attacco difensivo preventivo»: in teoria, un bel controsenso. Anche se i controsensi finanziari di ogni genere sono stati il pane e il vino e il digestivo dell’Europa, almeno da 6 anni a questa parte. loffeddu@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA


IL SOLE 24 ORE venerdì 19 luglio 2013

Montepaschi apre la porta a nuovi soci

Abolito il tetto del 4% sui diritti di voto - Profumo: aperti a nuovi partner di lungo periodo

Cesare Peruzzi SIENA.

Con il voto favorevole della Fondazione Monte dei Paschi, l'assemblea straordinaria di Banca Mps ha approvato a larghissima maggioranza (98,88% dei presenti) la cancellazione del limite al possesso azionario, che finora aveva riguardato nella misura del 4% tutti i soci escluso l'Ente di Palazzo Sansedoni. La modifica dell'articolo 9 dello statuto, ultimo baluardo formale a tutela della "senesità" della banca, è avvenuta in un clima di confronto civile, anche se con punte polemiche. In città sono comparsi murales d'accusa («Golpe sotto l'ombrellone»); davanti all'auditorium dell'assemblea c'era un presidio di protesta organizzato dalla Fisac-Cgil; e alcuni piccoli azionisti hanno adombrato il rischio di possibili "scippi" da parte di qualche magnate arabo o russo (Corradi), invitando a riflettere bene prima di tagliare l'ultimo legame col territorio (Semplici), o addirittura chiedendo di rinviare l'ordine del giorno (Falaschi).

Gabriello Mancini, numero uno della Fondazione nel cui portafoglio è ancora custodito il 33,5% di Banca Mps, ha parlato di «scelta indifferibile e inevitabile», e ha difeso dall'attacco di alcuni azionisti la legittimità del suo mandato, in scadenza il prossimo 3 agosto, e la bontà della delega ricevuta dalla deputazione amministratrice per togliere il vincolo del 4% dallo statuto della banca, citando anche il parere legale di Angelo Benessia al riguardo.

Mancini, apparso molto determinato, ha quindi difeso l'operato della Fondazione, a suo dire «ingannata dai vecchi vertici della banca» (vedere altro servizio). Il quadro della situazione disegnato dal presidente del gruppo di Rocca Salimbeni, Alessandro Profumo, non lascia spazio a interpretazioni: «Questo consiglio d'amministrazione vuole mantenere la banca a Siena, ma per farlo occorre restare indipendenti e dunque avere una base di capitale adeguata, che oggi c'è grazie agli aiuti pubblici», ha detto riferendosi ai 4 miliardi di Monti bond sottoscritti dallo Stato italiano. «Se non saremo in grado di restituire il finanziamento e pagare gli interessi relativi, il Monte verrà nazionalizzato - ha aggiunto -. In questo caso, la prospettiva sarebbe la vendita e uno smembramento: la banca, insomma, scomparirebbe». L'unica strada è quella del rilancio operativo, su cui l'amministratore delegato Fabrizio Viola ha ricordato i progressi compiuti («Spero che l'analisi del piano di ristrutturazione da parte della Commissione europea non prenda tempi lunghi e contiamo di completare entro l'anno la cessione del back office, su cui già in agosto potremo annunciare novità»), oltre all'individuazione di nuovi investitori da far entrare nell'azionariato, sia in occasione dell'aumento di capitale da un miliardo previsto nel 2014, sia attraverso l'annunciata vendita di un ulteriore pacchetto di titoli da parte della Fondazione Mps.

«Sono operazioni che vanno fatte con intelligenza e coordinamento», è la sottolineatura di Profumo, che in assemblea ha voluto ricordare la collaborazione e il «rapporto responsabile e trasparente, nel rispetto dei rispettivi ruoli», instaurato con Mancini negli ultimi 15 mesi. «Nuovi azionisti all'orizzonte, per ora, non ce ne sono - ha commentato il presidente di banca Mps - anche perché prima dobbiamo creare le condizioni per essere attrattivi». La cancellazione del tetto al diritto di voto va in questa direzione. È stato introdotto anche il limite di età per i consiglieri (75 anni, 70 per il presidente, 67 per l'AD) e al numero di mandati per gli amministratori (non più di due). In sede ordinaria, l'assemblea ha poi deciso la revoca del consigliere Michele Briamonte, attualmente sospeso.


I pm di Siena stringono sull'inchiesta giudiziaria

Sara Monaci

Corsa contro il tempo per chiudere il primo fascicolo dell'inchiesta su Mps, relativo all'acquisizione di Antonveneta. I pm di Siena intendono mettere un punto al dossier entro la fine di luglio, salvo imprevisti, così da avere un'udienza preliminare il prossimo inverno e aprire eventualmente il processo prima che alcuni reati cadano in prescrizione.

I tempi stringono soprattutto per la responsabilità amministrativa della società; ma anche per quanto riguarda gli altri reati - ostacolo alla vigilanza, manipolazione del mercato, falso in prospetto e in bilancio, di cui sono accusati gli ex vertici della banca senese - per i procuratori è arrivato il momento di completare l'indagine, considerando che le fasi processuali potrebbero essere lunghe.

Tra qualche giorno dunque sarà pronto un ampio dossier - si parla di migliaia di pagine - in cui verranno descritti i passaggi che hanno portato all'acquisizione di Antonveneta dal Santander da parte del Monte dei paschi, per 9,3 miliardi. Acquisizione che ha avuto bisogno di un aumento di capitale da 6 miliardi in parte falsificato (per Bankitalia mancherebbero all'appello 76 milioni), e ha portato Mps ad un grande esborso di liquidità per sanare i debiti della banca padovana (pari a 8 miliardi). L'operazione fu organizzata in grande rapidità, tanto che il Santander non fece neppure in tempo a preparare due diligence, mentre Mps non utilizzò il supporto di un advisor.

Secondo la ricostruzione dei pm, il Monte manifestò con gli spagnoli una convinta ed esplicita volontà di acquistare la banca padovana, che sarebbe potuta andare per una cifra più bassa (circa 8 miliardi) a Bnp Paribas. Nel dossier dei pm emergeranno anche i rapporti tra Mps e le banche straniere, Nomura e Deutsche Bank, con cui sono stati sottoscritti i prodotti derivati Alexandria e Santorini, che secondo gli inquirenti hanno avuto lo scopo di abbellire i bilanci per non mettere in evidenza il dissesto causato dall'acquisizione di Antonveneta.


«Siamo stati ingannati dagli ex-manager»

«La nostra priorità ora è azzerare il debito o ridurlo in maniera significativa»

SIENA. Dal nostro inviato - «La nostra priorità, adesso, è azzerare il debito o ridurlo in misura significativa». In una pausa dell'assemblea straordinaria di Banca Mps, il presidente della Fondazione Monte dei Paschi, Gabriello Mancini, parla dei 350 milioni di esposizione finanziaria da recuperare cedendo ancora titoli Montepaschi e indica le prossime mosse: «La prima - spiega - sarà quella d'individuare in sintonia con gli amministratori della banca investitori disposti a entrare, con cui raggiungere un accordo per dare stabilità all'azionariato». Mancini si sente «tradito», come ha detto nel suo intervento in assemblea.

«È stata ingannata la Fondazione, così come la stessa banca e la comunità senese - spiega -. Se la situazione della banca fosse stata correttamente rappresentata, nel 2011 non avremmo certo sottoscritto l'aumento di capitale indebitandoci. E invece il piano industriale 2011-1015 del gruppo indicava un obiettivo di oltre 2 miliardi di dividendi, la metà dei quali sarebbe affluita nelle nostre casse. Ecco perchè - aggiunge - abbiamo deciso lo scorso 5 luglio di promuovere azione di responsabilità nei confronti dei vecchi vertici di Rocca Salimbeni».

Sull'abolizione del tetto al diritto di voto, Mancini taglia corto: «Lo ha chiesto Bankitalia e il ministero dell'Economia ha scritto il 13 giugno alla banca spiegando che c'è un impegno del Governo italiano per farlo entro luglio, in caso contrario la Comunità europea avrebbe potuto bocciare i Monti bond - dice -. Il Ministero, che è la nostra autorità di vigilanza, ci ha sollecitati a nostra volta perchè votassimo l'abolizione di questo vincolo statutario senza indugi, come passaggio indispensabile tra l'altro per arrivare all'approvazione del piano di ristrutturazione della banca da parte dell'Ue».

Tra gli obiettivi della Fondazione c'è soprattutto la valorizzazione del Monte. «Siamo pronti a modificare lo statuto ulteriormente, se necessario, per attrarre investitori e garantire il legame col territorio», dice Mancini, che però non si sbilancia sull'ipotesi d'introdurre una governance duale, prospettiva avanzata da Bruno Valentini, sindaco di Siena. «Non ne abbiamo mai parlato», commenta, lasciando capire che, comunque si tratta di scelte che competeranno ai prossimi amministratori della Fondazione (quelli attuali scadono a inizio agosto). «Una cosa è certa - ribadisce - le azioni di questi ultimi anni sono state condizionate dall'indirizzo strategico che ci veniva dato dalle istituzioni di riferimento, cioè di non scendere sotto la soglia del 51% in Banca Mps; dalle sollecitazioni del Ministero che chiedeva di sostenere la ricapitalizzazione del sistema bancario italiano; e dai numeri che ci facevano vedere i vertici del Monte. Senza questa coincidenza di fattori - conclude - probabilmente la storia sarebbe andata in modo diversi. Ecco perchè in assemblea ho parlato di soggetti ingannati e soggetti ingannatori». Ma questo è un capitolo affidato alla magistratura, che a fine mese dovrebbe chiudere l'inchiesta su Antonveneta. C.Per.


MF-MILANO FINANZA venerdì 19 luglio 2013

Ora il Monte attende nuovi soci

Strada spianata verso l'aumento da un miliardo che potrebbe rivoluzionare l'assetto di controllo Ma Profumo avverte: per il momento non ci sono azionisti all'orizzonte e non sarà facile trovarli di Luca Gualtieri

Inizia il nuovo corso del Monte dei Paschi. Ieri l'assemblea straordinaria della banca senese ha approvato a larghissima maggioranza l'abolizione del tetto del 4% al diritto di voto per i soci diversi dalla Fondazione Mps. Ha votato a favore il 53,6% del capitale sociale. Si tratta di una svolta storica perché la modifica statutaria, auspicata da Banca d'Italia, Tesoro e Commissione Europea, aprirà di fatto il capitale della banca ai soci privati rendendola pienamente contendibile. Una mossa, insomma, che dovrebbe spianare la strada all'aumento di capitale da un miliardo senza diritto di opzione previsto per il 2014.

La trasformazione, però, non è stata indolore. La politica locale mastica amaro per una mossa che di fatto la esautora quasi completamente dalla gestione della banca e che presto potrebbe privare il capoluogo toscano della sua più illustre istituzione. Proprio per questa ragione fino all'ultimo il neo sindaco Bruno Valentini ha cercato di ottenere una proroga dai vertici del Monte. L'intenzione del primo cittadino è quella di creare nel capitale della banca un nucleo di soci, magari legato da un patto di sindacato, come anticipato la scorsa settimana da MF-Milano Finanza e rilanciato ieri da un'intervista di Valentini a Repubblica.

La strategia sarebbe insomma alternativa all'individuazione del socio unico, cui invece punterebbe il presidente Alessandro Profumo, e permetterebbe alla Fondazione di giocare ancora per qualche tempo un ruolo determinante nella governance della banca. Il disegno arriva però fuori tempo massimo, visto che il passaggio di ieri ha mandato in soffitta i progetti di una transizione gestita pariteticamente dai vertici della banca e dalla politica locale. In ogni caso ieri i piccoli azionisti del Monte hanno cercato di bloccare in zona Cesarini l'abolizione del tetto del 4%. Nell'assise riunita al centro direzionale di Siena esponenti della società civile e della comunità locale hanno sfilato sul palco per protestare contro la modifica statutaria, chiedendone la cancellazione o il rinvio.

All'esterno, intanto, un rumoroso presidio della Fisac-Cgil e di Dircredito ha protestato contro l'iniziativa della banca. Profumo ha cercato di placare gli scontenti, ricordando l'inevitabilità del passaggio: «La volontà di tenere la banca a Siena è condivisa da questo consiglio di amministrazione, ma per farlo dobbiamo restare indipendenti e per restare indipendenti dobbiamo avere una base di capitale sufficiente. In caso di nazionalizzazione, infatti, lo Stato sarebbe costretto a vendere e la banca scomparirebbe», ha puntualizzato il presidente, ricordando che «purtroppo, per il momento, non ci sono nuovi azionisti all'orizzonte e che non sarà facile trovarli».

Decisivo ieri è stato il voto favorevole della Fondazione Mps, annunciato dalla deputazione amministratrice lo scorso lunedì 15. Nel suo intervento il presidente Gabriello Mancini, duramente contestato da molti soci, ha definito «indifferibile e non evitabile la scelta di rimuovere il limite statutario del 4% di possesso azionario». Anche alla luce del fatto che il Tesoro ha inviato «reiterati inviti» all'Ente per l'eliminazione del tetto. Mancini ha anche voluto precisare che la Fondazione Mps «è stata pesantemente ingannata e danneggiata così come la banca e l'intera comunità senese».

Da qui la decisione dello scorso 5 luglio «non solo di affiancare la banca nelle azioni da essa intraprese, ma anche di agire contro coloro che al momento appaiono i responsabili di un danno specifico causato alla Fondazione». Infine il presidente uscente di Palazzo Sansedoni ha precisato che la Fondazione nella ricerca di nuovi soci, «deve avere un ruolo da protagonista». Superato lo scoglio dell'assemblea adesso tutta l'attenzione è concentrata sul verdetto della Commissione Europea. I tempi sembrano più lunghi del previsto e per il momento non ci sono segnali di accelerazione da parte delle autorità europee.

Mercoledì il commissario Ue per la concorrenza, Joaquin Almunia, ha detto di essere in contatto con il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, ma che ancora non si è raggiunta un'intesa per il via libera di Bruxelles al piano della banca. (riproduzione riservata)