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CONTRATTO NAZIONALE, INTERVENTO DI SILEONI IN ABI DEL 19 LUGLIO 2023

CONTRATTO NAZIONALE, INTERVENTO DI SILEONI IN ABI DEL 19 LUGLIO 2023

I punti del segretario generale della Fabi: Negli ultimi 10 anni, sono profondamente cambiati natura, assetto ed equilibri politici del settore bancario: da presidio del territorio con attenzione verso l’economia reale, le imprese e le famiglie, le filiali delle banche si sono trasformate, oggi, in negozi finanziari. Le banche probabilmente non vogliono più rappresentare la cinghia di trasmissione tra la finanza e i territori. Noi pensiamo che, accanto al legittimo obiettivo di creare valore per gli azionisti, debba continuare a esistere il ruolo sociale che, nonostante la propaganda, si è fortemente ridimensionato. Questa trasformazione è “scritta” chiaramente nei bilanci: negli ultimi 5 anni il totale dei ricavi del settore è stato pari a 413 miliardi di euro; di questi, più della metà (50,5%) cioè 209 miliardi corrisponde alle commissioni, mentre 204 miliardi (49,5%) arrivano dal margine d’interesse, cioè dai prestiti; nell’ultimo anno (2022), i prestiti sono la fonte maggiore di ricavi, grazie al velocissimo aumento del costo del denaro deciso dalla Bce, ma la tendenza è quella dell’ultimo quinquennio: più commissioni, meno credito. Obiettivo dei vertici delle banche è: aumentare ricavi e utili, anche riducendo i costi, per poter distribuire dividendi importanti agli azionisti. I ricavi e gli utili delle banche sono costantemente aumentati. Ricavi: 74 miliardi nel 2012, 78 miliardi nel 2015, 82 miliardi nel 2019, 88 miliardi nel 2022 overo in 10 anni +18%. Utili: dopo la perdita complessiva di 2,5 miliardi nel 2012, 3,7 miliardi nel 2015, 15,7 miliardi nel 2019, 25 miliardi nel 2022 ovvero in 10 anni +1.000%. Rispetto alla crescita degli utili i costi del personale sono cresciuti molto meno cioè in 10 anni +17%. Anche il cost-income, rapporto tra costi e “fatturato”, è migliorato negli ultimi anni: era al 66,4% nel 2015 e al 65,5% nel 2019, oggi è al 63,1% tra i migliori dati a livello europeo. In 10 anni, i dipendenti bancari sono diminuiti (-14,7%) e anche le filiali (-36,2%) ma i costi operativi sono cresciuti quasi del 20%: i risparmi sul personale e i tagli alla rete sono stati destinati a coprire: consulenze, spese legali e altri costi. Tagliare i costi, compresi quelli del personale, non è più una necessità per il settore. L’aumento del costo medio del lavoro (30 mila euro in 10 ani) si giustifica con stipendi sempre più alti per alcune categorie di dipendenti e non per tutte. Gli azionisti sono stati sempre ampiamente ripagati dei loro investimenti con dividendi in costante crescita: 1,5 miliardi nel 2012, 2,2 nel 2015, 5,5 nel 2019, 12,5 nel 2022. È arrivata l’ora di ripagare anche i lavoratori dei sacrifici e degli sforzi che hanno consentito utili così elevati con il giusto riconoscimento economico. Le difficoltà del 2012 sono superate, il settore è diverso rispetto a quando sono state prese certe decisioni sul Tfr, perciò, ci sono tutti i presupposti per riconoscere ciò che è stato perso. Il Tfr ha fatto risparmiare alle banche 200 milioni l’anno. A partire dal 2014, la vigilanza sulle banche italiane, con l’eccezione delle pi piccole, è passata dalla Banca d’Italia alla Banca centrale europea che ha drasticamente modificato l’approccio di supervisione: zero dialogo, più regole rigide. Obiettivo: meno banche, pochi grandi gruppi e più solidi, con patrimoni più robusti capaci di reggere anche a scossoni finanziari di dimensione globale (il fallimento di Lehman Brothers nel 2008 aveva lasciato il segno). La Bce ha preteso una rilevante riduzione delle sofferenze: i crediti deteriorati delle banche erano passati, dal 2008 al 2014, da 131 a 350 miliardi di euro (200 miliardi erano sofferenze). Oggi le sofferenze nette sono circa 15 miliardi, mentre il totale dei crediti deteriorati è di 55 miliardi. Le fusioni e le aggregazioni hanno portato a una rilevante semplificazione o razionalizzazione del settore, in linea con le indicazioni nette e chiare della Banca centrale europea. I principali gruppi del settore Abi erano 31 nel 2012, 27 nel 2015, 22 nel 2019 e sono 18 oggi. Questa forte concentrazione ha portato le banche ad avere sempre più potere, che consente ai vertici del settore di condizionare la politica. Nel 2012 le banche avevano 309mila dipendenti e 32.000 filiali in tutta Italia. Dopo 10 anni, i dipendenti delle banche sono scesi a 264mila (-15%) e le filiali bancarie sotto quota 21mila (-36%). BancoPosta, nello stesso periodo, ha lasciato intatta la sua presenza territoriale: le filiali erano 13.000 e oggi sono 12.500 (-5%). Lo spazio lasciato a BancoPosta è voluto, non casuale: le banche preferiscono concentrarsi su attività che garantiscono maggiori ricavi (vendita di prodotti finanziari e assicurativi) lasciando a Poste attività più costose e meno redditizie. Allo stesso tempo BancoPosta diventa un canale distributivo alternativo per alcuni grandi gruppi bancari che vendono i loro prodotti di credito anche ai clienti di Poste.


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