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Profumo su MPS: non c’è intervento dello Stato

Il presidente di Banca Mps Alessandro Profumo si dice sorpreso per alcune interpretazioni di parziale «nazionalizzazione» della banca

Profumo su MPS: non c’è intervento dello Stato

Da Il Sole 24 Ore


«Non c’è nessun intervento dello Stato in Mps. C’è solo un contratto, quello firmato due anni fa per i Monti bond, che prevede l’obbligo di pagare allo Stato gli interessi del prestito in azioni e non per cassa, laddove la banca sia in perdita. Era tutto noto fin dall’inizio». Il presidente di Banca Mps Alessandro Profumo si dice sorpreso per alcune interpretazioni di parziale «nazionalizzazione» della banca. E prevede che il Tesoro sarà un investitore finanziario, senza rappresentanza in consiglio di amministrazione. «Il contratto dei Monti bond non lo prevede», spiega il banchiere.

Dal 1° luglio, allo Stato andrà una quota del capitale Mps. Dopo la ricapitalizzazione di maggio, il mercato stima che la quota si diluirà sotto al 5%. Ma lo Stato farà comunque il suo ingresso nel capitale.

 

Certamente il Ministero dell’Economia avrà la quota prevista contrattualmente, ma vorrei sottolineare che non c’è nessun intervento dello Stato. E soprattutto non c’è nessun salvataggio, perchè non ce n’è bisogno. Il rilancio è a buon punto, come dimostra la crescita del 28% del risultato operativo della banca. E poi abbiamo già rimborsato 3 dei 4 miliardi di Monti-bond. Con il prossimo aumento di capitale di maggio, rimborseremo anche l’ultima quota di Monti-bond. E a quel punto avremo pagato negli anni circa 700 milioni di interessi allo Stato per il prestito.

Contrattualmente, non potevate pagare la cedola aumentando l’importo dei Monti-Bond?

Quella era una clausola che valeva solo per il primo anno di vita del prestito. Poi il contratto prevede solo che, nel caso in cui la banca chiuda i conti in perdita, la cedola non debba essere pagata per cassa ma in azioni.

È esatto dire che lo Stato avrà azioni per un importo pari al 10% del capitale pre-aumento?

La quota puntuale non è ancora definitiva. Dipenderà dalla media dei prezzi di Borsa del titolo Mps nei dieci giorni antecedenti l’approvazione del bilancio della banca, che è previsto il 4 marzo.

Pensa che il Tesoro da azionista chiederà una rappresentanza in consiglio?

Contrattualmente non è previsto come automatismo. Ma eventuali decisioni dipendono dallo Stato, non da noi. Per quanto ci riguarda, è un fatto che lo Stato sia già da anni uno stakeholder importante e tenuto nel dovuto rispetto, visto che ci ha prestato 4 miliardi attraverso i Monti bond.

Si immagina che il Tesoro sarà un azionista attivo?

Penso proprio di no.

Veniamo all’aumento di capitale, che sarà deliberato formalmente dal nuovo cda che si insedierà dopo l’assemblea di aprile. Chiuso il confronto con la Bce che è durato tre mesi, ora parte quello con l’Unione Europea. Che tempi vi aspettate? Sarà rispettata la partenza dell’aumento a maggio?

Non dipende da noi. Il confronto sul nostro piano vedrà coinvolti il Governo italiano e l’Unione Europea. Credo che nessuno intenda frapporre ostacoli, anche perchè il nostro aumento è finalizzato anche al rimborso dei Monti bond. E la «finestra» di fine maggio per far partire l’operazione è importante per rispettare la tempistica chiesta da Bce. I nove mesi di tempo scadono il 26 luglio.

Il presidente della Fondazione Mps Marcello Clarich ha detto che si consulterà con i soci esteri del patto e proporrà il rinnovo del mandato a lei e all’ad Fabrizio Viola nell’ambito della nuova lista di amministratori. Lei ha già dato disponibilità a restare?

Non ho ancora dato disponibilità, il tema non è ancora stato affrontato.

Da tempo si parla con insistenza di una «bad bank» di sistema. Crede che il Governo intenda davvero promuoverla? Quanto sarebbe importante per le banche e, in particolare, per Mps?

Non sono a conoscenza dei lavori di preparazione, ma credo che sia in corso un lavoro approfondito e serio da parte del Ministero dell’Economia. Ritengo che si tratti di un intervento importante nella misura in cui è davvero «di sistema». Ridarebbe alle banche la massima capacità di erogare credito a famiglie e imprese. L’aiuto non andrebbe alle banche ma all’economia del Paese. In questo senso, sarebbe un vero intervento «di sistema».

Avete detto che il prossimo aumento di capitale sarà propedeutico a un’aggregazione con un’altra banca. Lo ritiene tuttora uno sbocco inevitabile?

A oggi non abbiamo nessun dossier sul tavolo. Ma l’aggregazione è certamente nella prospettiva di Mps. Il capitale che chiediamo agli azionisti andrà remunerato. Per farlo c’è bisogno di una redditività rilevante che, ormai, si può ottenere solo con le sinergie che derivano da un’aggregazione.

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